Rudy PULCINELLI | FOCUS

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In un’epoca dove la velocità e la frenesia hanno reso i significati volatili e hanno eliminato la gravità sia dal pensiero che dalle parole, ci sono artisti come Rudy Pulcinelli che usano l’Arte per ripensare e ridare un peso al linguaggio e alla vita.

“RIFLETTERE” Il titolo scelto per la mostra sintetizza con nitidezza quello che si può considerare l’obiettivo programmatico al quale Rudy Pulcinelli ha guardato sempre in tutta la sua produzione artistica e che oggi si ritrova con maggior forza, se possibile, nelle sue opere più recenti. 
In un’epoca dove la velocità e la frenesia hanno reso i significati volatili e hanno eliminato la gravità sia dal pensiero che dalle parole, ci sono artisti come Pulcinelli che usano l’Arte per ripensare e ridare un peso al linguaggio e alla vita.
Con l’introduzione del digitale e il grande uso che ognuno di noi ne fa quotidianamente purtroppo si perde il peso del contatto e del dialogo: «Si perde tutto, trasformando anche una semplice cosa in qualcosa di effimero. E io vorrei che con le mie opere si riflettesse su questo aspetto e sulla giusta importanza da dare alle cose» dice l’artista. 

Se si aggiunge poi il fatto che stiamo attraversando un biennio fatto di continue accelerazioni e decelerazioni, riprese e stop forzati, aperture e chiusure, oggi l’atto artistico non ci sembra potersi scindere da una riflessione sulla cruda attualità. A questa lo scultore pratese non è nuovo e anzi ha sempre tratto dalle frizioni quotidiane la propria forza espressiva. 
Tuttavia alla luce dell’esperienza comune che stiamo accumulando, le opere di Pulcinelli ci appaiono magnificate, messe ancora più a fuoco, poiché oggi abbiamo tutti un riferimento comune (per così dire universale) che ce le rende affini e comprensibili immediatamente.
«Riguardo alla pandemia – ha detto in un’intervista lo scultore – l’unico modo per uscirne è fare rete. Sono convinto che ne usciremo, ma tutti inevitabilmente cambiati». E in qualche modo, questa è la speranza, che il cambiamento ci renda diversi, più solidali e vicini.

Giusto Peso I, 2021, ferro verniciato, cemento leggero e acciaio, 29x24x10 cm
Pulcinelli Rudy, GIUSTO PESO 2, 2021, ferro verniciato, cemento leggero e acciaio, 32x25x10 cm_03
Giusto Peso II, 2021, ferro verniciato, cemento leggero e acciaio, 32x25x10 cm

Oggi ci riscopriamo tutti maggiormente in grado di afferrare i riferimenti di opere come Giusto peso con le lettere che affondano nel cemento alveolato come fosse gommapiuma – e basta l’impatto visivo dei materiali a darci il senso di ciò che stiamo guardando; oppure Germogli dove a rifiorire sono proprio i caratteri alfabetici, issati in cima a steli sottilissimi, a dirci che se ci sforzeremo di coltivare il dialogo abbiamo ancora la possibilità di salvarci. 
E ancora Risvegli: legno combusto secondo un’antica tecnica giapponese che rende questo materiale idrorepellente e duraturo nel tempo, dal quale si sprigionano come scintille le lettere, perché la socialità è un fuoco che non si può mai davvero spegnere. Dall’incenerirsi delle nostre certezze durante la pandemia può nascere una modalità completamente nuova di gestire la vita e le relazioni tra i popoli, nonostante le bruciature e le ferite che ci portiamo dentro:
«Ho guardato molto al periodo che stiamo vivendo. È come se la bruciatura mi restituisse la sensazione di ciò che ci ha bloccato in questi due anni. Il risveglio sta nel rinascere del dialogo.  Sotto non ci sono le lettere, è il periodo che ci ha congelato ma che sta finendo, e la speranza sono quelle che si innalzano, il dialogo che rifiorisce».

Risvegli I, 2021, legno combusto, filo di ferro cotto e acciaio, 107x22x14 cm
Risvegli II, 2021, legno combusto, filo di ferro cotto e acciaio, 42x34x26 cm
Germogli IX, 2019, filo di ferro cotto e plexiglass, 30x30x35 cm

E ancora, in É un tuo diritto, opera installativa in ferro laccato di bianco, la cultura e la condivisione vengono proposte come un nutrimento indispensabile, attraverso lettere di carta cotone contenute in ciotole generalmente destinate al cibo. «Ci tengo molto a concentrarmi sull’attualità, e su problematiche che ci colpiscono in prima persona e che mi portano a riflettere. Ad esempio ho progettato un tavolo con un’unica sedia, in riferimento all’eliminazione dell’insegnamento della storia dell’arte dalle scuole. L’opera è composta di tre elementi e si schiera in difesa di una cultura che non dovrebbe mai essere lasciata indietro e che non dovrebbe mai mancare a nessuno, come non dovrebbe farlo un piatto di riso.»

Installazione È un tuo diritto, 2014, ferro verniciato a polvere e carta cotone, dim. variabili
Installazione È un tuo diritto, 2014, ferro verniciato a polvere e carta cotone, dim. variabili

UNA LINGUA UNIVERSALE PER L’ARTE

Pulcinelli nasce dalla grafica, ma fin da subito ha trovato nella scultura, nella ceramica e nelle installazioni il proprio strumento espressivo, forse per una interiore consapevolezza della propria capacità di scrivere lo spazio, di generare esperienze corporee e di dare forma alle idee, superando il limite di superfici bidimensionali inerti. 
Ha preso le lettere di sette diversi alfabeti, i più diffusi al mondo (greco, cirillico, ebraico, arabo, cinese, latino e giapponese) e le ha rese soggetto e materiale da costruzione del proprio immaginario artistico, «in modo tale che potessi parlare di tutti allo stesso modo. E grazie a questo metodo comunico con il pubblico parlando di ciò che è contemporaneo», spiega.

Uno dei maggiori punti di fascino del lavoro dello scultore è proprio questa sua capacità di muoversi in perfetto equilibrio tra il concettuale – con la stratificazione di significato e punti di vista che vi appartengono – e la chiarezza o impeccabilità estetiche che rendono le sue opere chissà come intelleggibili a colpo d’occhio.
Con le proprie sculture Pulcinelli materializza una nuova lingua dell’arte, globale. Le lettere, che egli prende in prestito come forme pure, riscrivono lo spazio che le circonda ora con il loro peso, ora con i loro movimenti leggeri e aerei. 
Pulcinelli le sceglie da un lato per il loro valore simbolico, dall’altro per la purezza delle linee che le compongono. Esse si relazionano l’una con l’altra seguendo una logica estetica e dando vita ad una nuova semantica: gli elementi “dialogano” fra loro attraverso il gioco di equilibri tra corpi tondi, squadrati, più o meno angolari.

Incognita, 2020, ferro verniciato, 43x20x17 cm
Frammenti, 2017, ferro verniciato, 170x70 cm

Sono lettere che nulla ci possono dire da sole, poiché traggono nuovi significati insieme, lasciando ombre, lasciando impronte. Posandosi, intrecciandosi, allungandosi ed esplodendo verso l’alto. 
Tuttavia l’obiettivo non è né puramente estetico, né puramente didascalico: Pulcinelli non raggruppa le lettere per creare parole o frasi di senso compiuto e arbitrale ma al contrario per stimolare l’osservatore alla riflessione e alla dialettica.
«L’artista evita accuratamente che nei grappoli di lettere, negli incastri, nelle fioriture sia possibile una lettura, una decrittazione, proprio perché lo spettatore non sia distratto dal particolare e cominci a guardare quei mucchi di forme come l’universale che rappresentano» – chiarisce bene la curatrice della mostra “Riflettere” Alessandra Redaelli.
Le opere di Pulcinelli sono un invito a risvegliare il dialogo e al far nascere nuove traiettorie di significato al di sopra di qualsiasi differenza linguistica o culturale.

Equilibri, 2015, acciaio corten, 30x120x30 cm

Quello di Pulcinelli è una sorta di codice di comunicazione artistica all’insegna della tolleranza e della valorizzazione delle particolarità di ciascuno, siano esse etniche, linguistiche o culturali, perché possano essere percepite non come ostacoli, ma come opportunità.

Proprio creando questi discorsi scultorei impossibili che non sapremmo pronunciare o leggere, tantomeno ascoltare, ma solo interiorizzare, lo scultore fa della propria arte «un invito al dialogo e alla condivisione, tutto giocato – scrive ancora Redaelli nel testo critico della mostra –  su un elegantissimo contrappunto di contrasti: tra il caos e l’ordine geometrico, i pieni e i vuoti, il bianco abbagliante e scuri toni terrosi».

Dettaglio dell'opera Germogli IX, 2019, filo di ferro cotto e plexiglass, 35x30x30 cm

Sembra esistere in Pulcinelli un parallelismo tra segno e individuo, una equazione semplice nel suo fare scultura, allusiva a un nuovo ordine di rapporti umani. I segni del linguaggio diventano scultura e la scultura diventa discorso sull’uomo e all’uomo.


Di fronte a un’opera lo spettatore è necessariamente chiamato a mettersi in gioco, a lasciare cadere i preconcetti aprendosi all’Arte così che con lei si instauri un rapporto. 

Tale rapporto non è solo questione di fisica e propriocezione, ma è un rapporto che neppure appartiene unicamente alla comunicazione verbale, estendendosi semmai a quello mentale ed emotivo. È un momento di trasformazione personale che nasce dalla disponibilità di chi guarda di esplorare punti di vista ed esperienze estranee. Questa disponibilità altro non è che il primo passo verso il dialogo.

La comunicazione non è mai un percorso a senso unico, non ha direzione univoca, non può avvenire che nella molteplicità. Nella singolarità può esserci espressione, quasi mai comunicazione. La comunicazione è anche conflitto, scambio, dare e avere.
Pulcinelli – e universalmente l’artista – è primo attore all’interno di un mondo che si è andato via via restringendo; le distanze fra i continenti sono quasi annullate e le moderne tecnologie rendono simultanee e senza frizioni apparenti gli scambi da una parte all’altra del globo.
Dietro questa facilità di movimento e comunicazione, che ci permette di venire in contatto con culture e abitudini completamente differenti dalle nostre, si cela tuttavia il pericolo dell’appiattimento, dell’uniformità, del dare tutto per scontato e non avere più voglia o capacità di curiosità e approfondimento. O al contrario il pericolo della paura, della diffidenza, dell’allontanamento.
Un pericolo di perdere non solo le proprie identità culturali, ma, nel farlo, di negare specificità a quelle altrui.

Pulcinelli dunque riflette sulle origini del linguaggio, quel momento in cui dai tratti simbolici e quasi magici scaturirono l’umanità e la civiltà.
In queste sculture le lettere conservano il proprio valore iconico, arcano e visuale insieme. Hanno il mistero della loro origine; sono oggetto di attrazione e soggetto di pensiero. Non importa a quale alfabeto appartengano: sono segni universali e indicano un appassionato richiamo multiculturale.

I segni nelle opere di Pulcinelli si allontanano dall’uso comune della comunicazione scritta: non significano nulla da soli, traggono valore universale insieme, muovendosi tanto e generando ora spazi di silenzio ora conversazioni, anche se non possiamo udirle, e in quel dialogo lo spettatore è parte integrante. 
«Educare l’individuo al dialogo vuol dire fornire alle persone delle potenzialità e delle risorse concrete per contrastare l’indifferenza, l’intolleranza, il razzismo, il fanatismo, il bullismo e tutte quelle fobie contemporanee che stanno sempre più minando la nostra convivenza, in quella che ormai possiamo e dobbiamo chiamare società globale. Sono convinto che questo valore, oggi più che mai, sia di vitale importanza. Dobbiamo creare connessioni, favorire e alimentare le relazioni e non aver paura del confronto. In tal modo voglio sottolineare il valore intrinseco dell’essere umano, da coltivare attraverso l’educazione e l’istruzione come diritto inalienabile e come chiave di volta per rispondere al bisogno di comunicazione che è necessità primaria e cibo spirituale di ogni essere umano. Oggi è questo il vero tesoro da preservare e difendere, dobbiamo lottare per lasciare al prossimo, questa grande eredità.»

TRA SCONFINAMENTO E RESILIENZA

(S)confinare. È questo il titolo dell’opera con la quale nel 2009 Rudy Pulcinelli partecipa all’evento Oltre il limite, XX Anniversario della caduta del Muro di Berlino 1989-2009 – PLAZA International Contemporary Art Exhibition, Milano. Questa opera monumentale sarà successivamente acquisita dalla Fundacion Pablo Atchugarry, Museo di Arte Contemporanea, in Uruguay.
Osservando l’opera da lontano, appare come una barriera, un ostacolo costituito da due monoliti paralleli che ricordano uno spicchio del muro di Berlino, per anni simbolo di restrizioni e impossibilità di comunicazione. Man mano che ci si avvicina, diventa sempre più leggibile ciò che accade all’interno delle due barriere: una massa di lettere sgorga prepotentemente, sconfina. Il dialogo trova la sua via di fuga, una fessura attraverso la quale può fluire la libertà di espressione, una fonte dalla quale sgorga reciproca conoscenza.
Ecco: le opere di Pulcinelli sembrano talmente sintetiche allo sguardo, e in realtà qualsiasi sia la loro dimensione sono capaci di spalancare interi discorsi. Questa capacità nell’artista non si è affievolita col tempo, anzi.

Installazione (S)confinare, Fundación Pablo Atchugarray, Uruguay
Resilienze VI, 2019, acciaio corten e filo di ferro, 50 x 50 x 19 cm
Dettaglio Resilienze VI, 2019, acciaio corten e filo di ferro cotto, 50x50x19 cm

È del 2019 l’opera Resilienze, in acciaio corten e filo di ferro cotto. Ancora una volta, due parti forzatamente separate, e la volontà è quella di riunirsi e ricreare il dialogo.
Non conta insomma in che parte del mondo ti trovi, quanto sia grande l’opera, quante lettere tu riesca a comprendere. Pulcinelli arriva e dove passa spalanca finestre sul mondo, crea ponti, straborda, sconfina.

Passaggi, 2016, ferro verniciato, 107x100x22 cm
Contenuto, 2018, acciaio corten, 80x140x18 cm

STUDIO VISIT, fra Oriente e Occidente

Rudy Pulcinelli viene da Prato, Toscana, una terra che non ha avuto paura di aprirsi al mondo e che oggi accoglie una comunità cinese numerosa e fortemente radicata socialmente nel territorio.
 
Un po’ di Prato nell’arte multiculturale di Pulcinelli c’è e – ammette l’artista – vi sono molte affinità fra la sua città e il suo lavoro. 

«Io porto avanti, da anni, un messaggio legato al dialogo, che riconosco molto nell’identità attuale di Prato. Se guardiamo la sua storia, dal secondo dopoguerra, negli anni Sessanta e Settanta accoglie una consistente immigrazione proveniente da tutte le regioni meridionali, poi dagli anni Novanta, di nuovo un’ondata migratoria, questa volta da paesi extracomunitari ed in particolare dalla Cina. Oggi vivo in una città multietnica, sostenuta dal dialogo e mi piace pensare che con il mio lavoro è come se portassi in giro per il mondo dei valori molto forti ereditati dalla mia terra.»
Il viaggio dello scultore è stato per così dire inverso, poiché è stato lui a portare la propria arte in Asia, e oggi si divide agilmente tra Prato e Pechino, città in cui ha stabilito un proprio secondo studio.

Lo studio di Bejing

Lo studio-officina di Prato

È molto peculiare il confronto per immagini dei due studi dell’artista, che con la loro differente atmosfera sembrano ricalcare una duplicità di carattere dello scultore. Da un lato, nell’officina pratese, sembra dominare l’artigianalità, l’intimità, la matericità ricolma di strumenti. Dall’altro, nello studio di Pechino, la luminosità, l’ariosità, il metodo, che appare uno spazio del pensiero. 
Sicuramente l’esperienza cinese ha permesso a Pulcinelli di allargare le proprie riflessioni e i propri spazi, sia artistici che interiori. L’artista è stato chiamato a confrontarsi con una realtà vasta, complessa, geograficamente e culturalmente, e il risultato è stata la felice crescita anche dimensionale, delle sue opere e soprattutto dei suoi ragionamenti. 

«In Cina mi si è aperto un mondo. C’è grande attenzione all’arte contemporanea». A Pechino ha iniziato a lavorare per un incontro fortuito con il figlio di un gallerista. «Era andato in Cina per studi ma poi se n’è innamorato ed è rimasto. Lui tornò in Toscana, accompagnato da un imprenditore cinese. Insieme al console abbiamo organizzato una visita a Prato a partire dal Museo Pecci e poi c’è stato un passaggio al mio studio. Da lì è nata la scintilla».
Pechino è una città che unisce antichità e moderno. «C’è sempre un fermento incredibile all’interno e una grande voglia di crescere. Ho percepito da subito anche la forte volontà di aprirsi all’arte contemporanea. Mi piace notare che non conta tanto l’artista in sé, il nome, ma il valore dell’opera: e se l’opera vale scommettono su di te».
 
La prima opera di Pulcinelli nella capitale cinese è del 2013, per il Museo Baimamedo Tibetan Art Center, realizzata in loco per sfuggire ai rischi e ai costi di una spedizione a lavoro finito. White Connections, è un’installazione permanente site specific e anche un progetto artistico-culturale, che ha avuto il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura a Pechino.

installazione permanente WHITE CONNECTIONS, 2013, ferro vericiato, dim. 300x250, museo Baimamedo Art Center, 798 Art Zone, Beijing_3
Installazione White Connections, 2013, ferro verniciato, dim. 300x250 cm, museo Baimamedo, Beijing
installazione permanente WHITE CONNECTIONS, 2013, ferro vericiato, dim. 300x250, museo Baimamedo Art Center, 798 Art Zone, Beijing_4
Installazione White Connections, 2013, ferro verniciato, dim. 300x250 cm, museo Baimamedo, Beijing

L’opera è costituita di lettere alfabetiche tibetane, in acciaio – materiale ascritto tipicamente all’industria occidentale – eppure dipinte di bianco, colore che per la cultura del Tibet significa purezza, interiore come esteriore. Raccolte su una superficie verticale di cui esse costituiscono la trama (i pratesi se ne intendono), ne diventano il tessuto portante e al tempo stesso ne rappresentano il contenuto. 
Il riferimento è alle bandiere tibetane che accolgono e racchiudono le preghiere dei fedeli, poste all’aperto di fronte a un divino invisibile. Come il vento sfilaccia le bandiere, disseminando nell’aria e nella terra le preghiere, così nell’opera di Pulcinelli le lettere si raccolgono in cumuli come sedimenti pronti a dare origine ad altre parole, in un rinnovarsi di un’azione generativa. In entrambi i casi la parola scritta permea il silenzio.
Non è casuale che questo spirito multiculturale e universalistico interpretato da Pulcinelli trovi accoglienza e riconoscimento nella Cina moderna. L’arte costruisce i suoi ponti.

Un’altra installazione su cui vale la pena soffermarsi è Creating Dialogues. Nel 2015 nel mese di ottobre, durante la festa della Repubblica Cinese, Pulcinelli ha creato un’installazione site specific in una delle vie principali della 798 Art Zone di Pechino. Nei mesi successivi la stessa installazione sarà esposta in altri due spazi della capitale al Tian Qiao Center for Performing Art e nella Beijing News Publishing House. L’opera è composta da sette lettere in legno laccato bianco, ciascuna alta 2,10 metri e con uno spessore di 70 cm, e occupa un’area di circa 90 metri quadri.
 
Quello creato da Pulcinelli non è un lavoro concettuale, è uno spazio civile, amico della gente, dei bambini. È punto d’incontro. L’installazione non è inerte, né ha solo scopo decorativo. È semmai uno strumento sociale, per stimolare non solo lo spostamento corporeo delle persone ma anche le relazioni tra i visitatori e tra i visitatori e le singole componenti dell’opera. Insomma, il dialogo tra persone, e tra persone e arte.

Installazione Creating Dialogues, 2015, legno verniciato, dim. variabili, 798 Art Zone, Beijing
Installazione Creating Dialogues, 2015, legno verniciato, dim. variabili, 798 Art Zone, Beijing

«Il dialogo indica il confronto verbale tra persone come strumento per esprimere sentimenti diversi o discutere idee: ritengo sia una vera e propria pratica sociale, un modello ideologico, fondamentale e caratteristico di una società evoluta a larga facoltà di comunicazione».
Anche la scelta del luogo, allora, non è stata casuale: l’opera è stata infatti collocata al centro di una strada molto frequentata, in uno dei quartieri più cosmopoliti della città: «La volontà – chiarisce Pulcinelli – è stata quella di creare, anche attraverso curiosità e stupore, il pretesto per dare vita a uno spazio che permettesse, anche se per poco, di rallentare questa nostra quotidiana frenesia.»
Fin dall’inaugurazione è emerso il carattere vivo dell’installazione. Le persone di tutte le età, di diversa estrazione, interagivano con le sculture, si fermavano a parlare, si sedevano, si riposavano, giocavano, o si mettevano in posa per una fotografia. 
«Anche se per pochi minuti le persone hanno rallentato i loro ritmi e hanno condiviso, in questo spazio inconsueto, un po’ del proprio tempo con gli altri, relazionandosi senza pregiudizi, senza barriere ma semplicemente dialogando».

Installazione Creating Dialogues, 2015, legno verniciato, dim. variabili, 798 Art Zone, Beijing
Installazione Creating Dialogues, 2015, legno verniciato, dim. variabili, 798 Art Zone, Beijing

Venendo al presente, il rapporto creativo di Pulcinelli con l’Oriente prosegue. A dicembre 2020, invitato dai curatori Qiu Yi e Ye Dongwei ha partecipato alla mostra Due Culture e lo Spazio, presso il Qingdao Sculpture Art Museum, a Qingdao, Cina, evento organizzato dalla Chinese National Academy of Sculpture, promosso dall’Associazione di Arte e Cultura contemporanea Cina e Italia con il patrocinio del Comune di Firenze e dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.

La permanenza in Cina ha dato modo a Pulcinelli di osservare una cultura che, pur in un mondo sempre più globalizzato, mantiene le proprie peculiarità, ma non per questo cessano gli stimoli dialoganti che l’arte sa e può interpretare ed esprimere. Pur non volendo attribuire all’arte – in virtù della sua forza simbolica e per il valore che diamo alla sua natura intrinseca – un ruolo promotore di intese universalistiche, possiamo comunque riconoscerle il determinante contributo alla trasformazione della visione del mondo.

MATERIA E SOGNI

Si è detto di come Pulcinelli utilizzi i segni alfabetici come elementi da costruzione delle proprie opere e installazioni.
Non secondaria è però la scelta dei materiali, ancora una volta motivata tanto per gusto estetico che per decisone concettuale e sinestesica. 
Corten, ferro, polistirolo, carta cotone, acciaio, ceramica, vetroresina, gomma, pietra, cemento leggero, legno, gesso. Superfici lisce, oppure ruvide. Laccate di bianco oppure lasciate volutamente scabre, forzate all’arrugginimento.
Una varietà immensa anche di sensazioni dunque, che rispecchia la poetica dell’artista, votato alla curiosità.
«La curiosità è per me motore fondamentale, non solo in ambito artistico, ma nella vita in generale. Il mio è un lavoro di ricerca dal punto di vista concettuale, ma che inevitabilmente mi porta a sperimentare tantissimi materiali, ogni volta scelti in base alle proprie caratteristiche, in funzione del messaggio che voglio trasmettere»

Pulcinelli è dunque sempre alla ricerca, per oltrepassare quei limiti che permangono ancora.
A chi gli ha chiesto del suo futuro e dei suoi sogni nel cassetto, ha risposto così:
«Anche se alcuni, per fortuna, sono riuscito a realizzarli, il mio cassetto è sempre pieno perché ne aggiungo in continuazione. Penso che i sogni siano una linfa vitale, una spinta a raggiungere sempre nuovi obiettivi. Pescando dalla sfera lavorativa, ne voglio condividere uno abbastanza ambizioso, ma d’altra parte sono sogni. Da quando ho visitato, per la prima volta, la Grande Muraglia Cinese ho subito fantasticato e mi sono immaginato, una mia installazione formata da numerosissime grandi lettere bianche, che sovrastano il muro scavalcando questo incredibile confine, a sottolineare l’espansione della Cina contemporanea, che si apre e dialoga con l’Occidente.»

BIOGRAFIA

Rudy Pulcinelli nasce a Prato nel 1970. Frequenta l’Istituto d’Arte Petrocchi di Pistoia e successivamente la facoltà di Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze. Nel 1997 espone per la prima volta all’estero negli Stati Uniti. Da quel momento intraprende un percorso internazionale che lo porta a esporre il suo lavoro in gallerie private e spazi pubblici in Arkansas, Louisiana, Virginia, Emirati Arabi, Francia, Spagna, Olanda, Germania, Austria, Uruguay, Thailandia, Cina, Marocco e Argentina. Nel corso della sua carriera riceve numerosi riconoscimenti e premi tra cui: il Premio The Next Generation (1999), il Fiorino d’Oro del Premio Firenze nella sezione scultura (2000) e l’Europol International Art Prize (2011 – L’opera premiata è stata installata in modo permanente all’interno della sede dell’Europol – The European Police Office a l’Aia, nei Paesi Bassi).

Le sue opere sono entrate a far parte di importanti collezioni pubbliche e private tra cui: la collezione permanente del City Hall di Charlottesville in Virginia (U.S.A.), Museo Paolo VI Arte Moderna e Contemporanea di Brescia, Pinacoteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Lucca Center of Contemporary Art, Fundacion Pablo Atchugarry Museo di Arte Contemporanea in Uruguay, Europol HQ, Aia nei Paesi Bassi, Silpakorn Art Center, Bangkok. Nel 2013 ha realizzato l’installazione permanente site specific White Connections presso il Museo Baimamedo Tibetan Art Center, 798 Art Zone di Pechino in Cina e, nello stesso anno, viene selezionato per il progetto Residence d’Artistes presso il Centre d’Art Contemporain Essaouira in Marocco. Nel 2014 viene invitato a far parte della giuria del 798 ICAF, International Children Art Festival a Pechino, eseguendo anche una serie di workshop creativi durante la manifestazione. Nello stesso anno partecipa alla II Biennale d’Arte Contemporanea di Casablanca in Marocco con l’opera Le Repas Quoditien. Nel 2015, durante la Festa della Repubblica Cinese, crea un’installazione site specific in una delle vie principali del 798 Art Zone di Pechino. Nei mesi successivi la stessa installazione viene esposta in altri due spazi della capitale: al Tian Qiao Center for Performing Art e nella Beijing News Publishing House. Nel 2018 crea Dialogue, scultura in ceramica smaltata, realizzando una tiratura esclusiva per il progetto Legame, commissionato da Unicoop Firenze e realizza l’installazione site specific Dialoghi in Piazza Bruno Buoni a Brescia. Nel 2019, durante il Fuorisalone di Milano, presenta una scultura monumentale all’interno del Romana Design District.

Muovendosi dalla scultura sempre più verso l’installazione, Rudy Pulcinelli sviluppa una ricerca raffinata e intellettuale incentrata sul tema del dialogo e dell’individuo come unità di misura del valore potenziale del genere umano: nella babele contemporanea di popoli ed etnie drammaticamente consumati da lotte intestine, dove la considerazione di una vita umana diviene talvolta tristemente esigua, Pulcinelli, utilizzando il simbolismo delle forme e delle sagome di lettere tratte dai 7 alfabeti più diffusi al mondo, cerca di legare il concetto di comunicazione a quello di memoria. Concetti che insieme rivestono un ruolo importante per costruire le basi del suo linguaggio scultoreo-installativo estremamente contemporaneo, mediatico ed emotivo. Una sorta di codice di comunicazione artistico teso a sottolineare la necessità di investire sull’individuo, sulla sua storia e sul suo futuro, all’insegna della tolleranza e della valorizzazione delle particolarità di ciascuno, siano essi etniche, linguistiche o culturali, perché possano essere percepite non come ostacoli, ma come opportunità. Le lettere forgiate nella materia scultorea, in acciaio corten o polistirolo, oppure suggestivamente e sapientemente evocate attraverso l’utilizzo di luci e ombre, riflettono microcosmi (individui) in dialogo tra loro all’interno di macrocosmi (collettività), a loro volta comunicanti. In tal modo Pulcinelli giunge a sottolineare il valore intrinseco dell’essere umano, da coltivare attraverso l’educazione e l’istruzione come diritto inalienabile e come chiave di volta per rispondere al bisogno di comunicazione che è necessità primaria e cibo spirituale di ogni essere umano.

Dal 1997 espone regolarmente in gallerie private e luoghi pubblici in Italia e all’estero e partecipa alle più importanti Fiere di settore. Le sue opere fanno parte di collezioni private in tutto il mondo. Vive e lavora tra Prato e Beijing.