Alice Zanin | Focus

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Zanin Alice

UN TUFFO NEL MONDO DI ALICE ZANIN

Zanin Alice, Hippocampus Minor, 2022, bronzo patinato, acciaio, plexiglass, 103x30ø cm, Ed. 9 � Es 3:9

Alice Zanin è autrice di sculture raffinate, caratterizzate da grande essenzialità e leggerezza. È però anche un’artista dall’animo frizzante, una personalità variopinta capace di infondere in quelle stesse sculture una grande potenza espressiva e dei capaci giochi di colori e dimensioni. L’amore per la cartapesta è nato per caso, lasciata la terracotta, affascinata dalle possibilità scultoree ed installative di questo medium che il contemporaneo ha portato fortemente alla ribalta.

Accanto agli ippocampi – da tempo tra i suoi soggetti più amati – sfilano i sinuosi dragoni e le lumache di mare dalle morbide movenze, ma anche le razze maculate o i pesci chirurgo. Un acquario colorato il cui effetto finale è comunque di estrema eleganza visiva, come eleganti sono i corpi eterei di tutte quelle creature fluttuanti.

Esistono due tipi di cartapesta: Papier-Mâché (carta masticata, pestata) e Papier-Collé (carta incollata). Quest’ultima in particolare è la tecnica utilizzata dall’artista e prevede che la carta non sia tritata e ricompattata, bensì sovrapposta in fogli, alternati fra loro da sottili strati di colla.

Ogni opera parte da uno schizzo, rigorosamente bidimensionale, dall’accentuato astigmatismo visivo – racconta l’artista. I volumi sono poi realizzati in carta e infine sull’esterno, come un mosaico, è steso un tassello di carta alla volta a creare una superficie dalle mille cromie, a volte rispecchiando quello che è il realismo dell’animale, altre volte lasciando trasparire un personale immaginario favolistico. 

In ogni scultura si ritrova una delicatezza che è tanto materica e visiva, quanto poetica. Zanin compone animali reali ma trasformandoli per noi in visioni fiabesche. Con le loro silhouette snelle queste creature sembrano uscire dal mondo naturale che conosciamo per dare vita ed animare una dimensione di sogno. Con le loro invisibili traiettorie sospendono il tempo dello spazio che abitano. Gli arti allungati, come se nei loro corpi fosse insito il movimento stesso. Li percepiamo così magnifici, ora, eppure così fragili davanti a noi. Pur essendo immobili, queste sculture sono capaci di far scattare dentro l’animo dello spettatore la meraviglia, la riflessione, la nostalgia.

Zanin Alice, Weedy, 2022, cartapesta, voile, filo, resina, acrilico, plexiglass, 52,1x20,7x5,6 cm (part)

Questo perché Alice Zanin è anche un’artista sagaceL’eleganza è certo uno dei caratteri predominanti delle sue opere ma non si può dimenticare il grande portato di ironia e acume di queste creazioni. Zanin è capace di giocare in modo pacato con lo spettatore, generando davanti a lui dei sottilissimi cortocircuiti – al limite del nonsense – pensati per emergere piano alla vista e per questo ancora più significativi.

Zanin Alice, Penguin Colony takes Implants for Ice Packs, 2017, cartapesta, resina, vetro, vasca d'acquario di riciclo, acciaio, protesi mammarie in silicone, 69x130x67 cm

«I pinguini appaiono vagamente perplessi. Disposti a semicerchio intorno alla grande teca come adepti di fronte a un altare, allungano i colli per spiarne il contenuto: due protesi mammarie piene di silicone» – descrive limpidamente la curatrice Redaelli, nel testo critico che accompagna la mostra. Ecco cosa Zanin ci pone di fronte, lo vediamo chiaramente. Tuttavia «il nonsense al cuore di questa installazione possiede un retrogusto amaro.»

L’eleganza e il portamento ondeggiante dei pinguini, creature che solitamente generano in noi tanta tenerezza – basti pensare ai numerosi documentari che ce li raccontano come animali buffi e un po’ impacciati – disvelano presto un ossimoro profondo, che il titolo dell’opera sancisce con forza: “Penguin colony takes implants for ice packs”. 

Queste creature cercano il ghiaccio.

In noi si insinua il dubbio: eccolo, il cortocircuito. La naturalezza e verosimiglianza di queste creature assumono d’un tratto un sapore artificioso. Solo ora capiamo la contraddizione di ciò che abbiamo di fronte, solo ora comprendiamo come l’armonia che ogni uomo prova quando si relaziona con la natura – la stessa meraviglia che si prova inizialmente di fronte alle opere di Zanin – sia in realtà un equilibrio delicato, spesso solo immaginato, e come basti un gesto per disgregarlo. 

«L’ansia con cui i pinguini osservano quegli oggetti alieni sperando di potervi rintracciare un po’ di ghiaccio (ancorché secco) ci riporta all’allarme acqua e a quel monito verso la salvaguardia del pianeta che oramai non possiamo dimenticare mai: dalla mattina quando ci laviamo i denti alla sera, quando carichiamo la lavastoviglie.» scrive ancora la curatrice.

È un messaggio urgente che Zanin, artista per questo ancora più capace, non ci urla contro con violenza e come atto d’accusa ma che al contrario riesce ad insinuare elegantemente nei nostri pensieri, contaminandoli, convincendoli, facendoli risuonare all’unisono con queste opere.

Zanin Alice, Gala+Dalí, 2022, acquaforte su carta Fabriano 225 g, plexiglass, 19,5x13,7x3,5 + 19,5x13,7x3,5 cm, Ed. 30 � Es 1:30

Con Zanin compiamo un’incursione negli abissi che ci costringe di tanto in tanto a riaffiorare e venire a patti con la realtà (e con la nostra coscienza), quando ancora incontriamo gli animali sotto teca, improvvisamente inermi, congelati nella loro bellezza, accuratamente scelti per apparirci delle creature fantastiche, per instillarci il dubbio sulla loro esistenza ma anche sulla legittimità di questo atto di inscatolamento a cui spesso li condanniamo noi per primi nelle nostre case. 

Quella che l’artista ingaggia con lo spettatore è una sfida raffinata.

Di queste opere e del tema del contrasto uomo/natura, che come un’eco rimane sempre in sottofondo, nonostante l’indubbia introspezione a cui siamo chiamati, non siamo noi (narcisisticamente) i protagonisti. È sempre la grazia a vincere nel lavoro di Alice Zanin. Vince la natura, vincono queste creature, qui celebrate e magnificate, un dono che l’artista ci concede alla vista.

Non sorprenda dunque scoprire che in queste sculture si cela poi un’anima di ferro, che permette loro di non scomporsi e di librare quasi del tutto libere da freni, proteggendole da noi, fisicamente e idealmente.

Una metafora eccellente per descrivere la duplicità emotiva dell’incontro con questi animali in cartapesta e per raccontare ancora una volta la personalità di questa artista, capace di sperimentare, mantenendosi comunque altamente riconoscibile.

Ecco dunque che anche nelle acqueforti presenti in mostra, pur tornando alla bidimensionalità, Zanin non tradisce il proprio spirito frizzante, proponendo tinte ricche ma delicate: i gialli, i viola e i rossi, e ovviamente tanto azzurro e tanto blu. Ancora una volta poi, l’artista ci regala un inganno percettivo, applicando ad alcune delle opere una piccola lente tonda che, come una goccia, ricrea sulla superficie di carta gli effetti di luce tipici della rifrazione nell’acqua. 

Zanin Alice, Hawaiian Bobtail Squid, 2022, acquaforte su carta Fabriano 225 g, plexiglass, lente positiva, 24,5x24,5x5 cm, Ed. 30 � Es 1:30
Zanin Alice, Zebra Batfish, 2022, acquaforte su carta Fabriano 225 g, plexiglass, lente positiva, 28,5x23,4x5 cm Ed. 30 � Es 1:30
Zanin Alice, Spotted Eagle Ray, 2022, acquaforte su carta Fabriano 225 g, plexiglass, lente positiva, 35,7x35,7x5 cm, Ed. 30 � Es 1:30
Zanin Alice, Leafy Sea Dragon, 2022, acquaforte su carta Fabriano 225 g, plexiglass, lente positiva, 35,8x28,6x5 cm, Ed. 30 � Es 1:30

L’ennesimo tocco poetico e straniante per permetterci di mettere bene a fuoco significati espliciti ed impliciti, e per farci fare un tuffo in un mondo marino variopinto, un mondo inafferrabile che va tuttavia protetto e mai dimenticato; un mondo che, oltre la superficie che conosciamo e anche nelle profondità più remote, brilla di vita e di incanto.