
«Entrare nello studio di Kyoji Nagatani, a Milano, significa varcare una soglia ideale: far un salto mentale che ci permette di lasciarci alle spalle il caos della metropoli, la folla variopinta, i rumori della strada e di accedere a una realtà nuova, accogliente, pacata, scandita su ritmi antichi. C’è silenzio, lì, amore per le parole pronunciate con calma e precisione, a voce bassa. E improvvisamente ci si accorge di quanto un momento così ci mancava, di quanto ne avessimo bisogno»
– Alessandra Redaelli
Kyoji Nagatani nasce a Tokyo nel 1950. Si laurea all’Università delle Arti di Tokyo e presso l’Istituto Superiore di Ricerca dell’Università Statale di Belle Arti della capitale giapponese. Nel 1976 consegue poi il Diploma di specializzazione nella fusione del bronzo. Il suo legame con l’Italia comincia già nel 1981, quando vince una borsa di studio del governo italiano che gli consentirà, nel 1984, di diplomarsi all’Accademia di Brera a Milano sotto la guida degli scultori Enrico Manfrini e Alik Cavaliere. Le creazioni di Nagatani ottengono presto risonanza internazionale ed entrano a far parte di numerose collezioni private. Scultore di fama internazionale, divide la sua attività tra Italia e Giappone.
SEMI DEL TEMPO


Uno dei temi certamente più suggestivi e fortunati dello scultore giapponese è quello del “seme del tempo”, da cui provengono numerose opere omonime in bronzo. Il soggetto è una forma semplice e iconica, quella di un chicco, un granello: è il simbolo dell’immensa potenzialità del tempo e della vita, la cui genesi si nasconde nel mistero di un seme primordiale.
“Nel seme è contenuta la potenzialità della vita, il suo ordinato divenire, la sua costruzione; esso ne è il simbolo.”
– Kyoji Nagatani, maggio 2012
Per nulla ridotti ad essere pure geometrie astratte, i semi di Nagatani sono corpi che appaiono morbidi, sensuali, naturali, quasi caldi al di là della corazza bronzea.
L’Architetto svizzero Mario Botta scriveva così, nel giugno 2015: «Per interpretare correttamente l’opera scultorea di Nagatani è indispensabile richiamare la sensibilità e la partecipazione attiva dell’osservatore. Come appare talvolta anche nei titoli delle sue opere, le sculture si presentano come “semi”, elementi primordiali con potenzialità ancora inespresse, con realtà nascoste tutte da scoprire. […] Di fronte a questi lavori l’immaginario dell’osservatore è sospinto verso una dimensione cosmica; le sculture si configurano come atomi rispetto alla materia, o cellule a confronto dei tessuti, o stelle come parti delle galassie. Le sculture si proiettano come messaggi nell’indecifrabile mistero proprio della forza creativa. […] Le forme espressive di Nagatani vivono un rapporto di tensione continua fra fragili equilibri, la condizione emotiva dell’osservatore diviene parte dell’opera stessa. Le sculture si affermano come segni che evocano nel silenzio i segreti più profondi della vita.»

Lo scultore giapponese è capace di generare opere di inattesa potenza materica ma allo stesso tempo dalla forte carica simbolica e poetica. È il caso delle sue “pietre oniriche”, dei suoi “paesaggi dell’anima”, delle “arche”, degli astrolabi…

Le forme espressive di Nagatani vivono un rapporto di continua tensione fra fragili equilibri. La sua scultura diviene quasi emblematica della dualità dei mondi dalla quale fiorisce culturalmente ed artisticamente, est e ovest, Giappone e Italia.
Dal suo paese d’origine, il Giappone, l’artista deriva la propria poetica delle forme essenziali, pacate, limpide e compatte, come un haiku. Dalla realtà occidentale, spesso spigolosa, dura e multiforme trae invece elementi di ruvidità, matericità e dinamismo, certamente mutuati sulla tradizione italiana della lavorazione del bronzo e memore delle grandi sculture di Arnaldo Pomodoro.
Diversamente da Pomodoro, tuttavia, Nagatani lascia che oltre la corazza di bronzo trasparisca levità, piuttosto che tensione, calore poetico piuttosto che fredda monumentalità. Così, sulle sue forme, lo sguardo si sofferma a lungo e può riflettersi. “Le pietre oniriche” sospese lungo un filo verticale offrono la suggestione di equilibrio, non di immobilità, e la più materica delle arti, la scultura, diventa in Nagatani un atto metafisico.
A TU PER TU
Forse non c’è modo migliore per comprendere un artista del sentirlo raccontare di persona la propria storia e la propria arte…
Proponiamo allora un suggestivo video, realizzato per #Fienilarte Social Art Gallery nel giugno 2017: Nagatani racconta sé stesso, attraverso immagini e ricordi dell’infanzia, come quello degli insegnamenti ricevuti dal nonno, ma anche attraverso riprese fatte durante le fasi del suo lavoro, dalla progettazione di un’opera in studio alla fusione dei materiali.
«Kyoji, se desideri qualcosa nella vita, non basta solo cercare di prendere, ma bisogna anche dare.. e dopo un po’ di tempo, per le leggi della natura, ciò che desideri verrà verso di te»

OPERE MONUMENTALI
Dividendosi tra l’Italia e il Giappone, lo scultore realizza importanti opere monumentali, come il Monumento per il Teatro Comunale di Hachioji a Tokyo, la “Sedia del Vento” per l’open air museum di Utsukushigahara di Nagano. “La Porta del Vento” per l’open air museum di scultura di Hakone e tre monumenti per i Giardini pubblici di Yoshikawa City (Saitama), tra i quali “Il Seme del Vento” e “L’Arco del Vento”.
«Tornando con la mente all’antico tempo dei miti, a volte è possibile cogliere nel suono del vento le parole degli dei. Spazzando il vasto mare blu e la quiete della terra, il vento si fa voce mentre la luce ne disegna l’essere, nella forma»
– Kyoji Nagatani
In Italia si ricordano “Il Seme” (2012) per la Scuola Edile di Bergamo a Seriate (BG), la scultura “Viaggiatore del Tempo” (2008) presso l’Aeroporto di Voghera e il “Trono del silenzio” (1998) in piazza Don Civilini, Pioltello (MI).
Le sensuali e monumentali composizioni di Nagatani coniugano il sogno, la poesia e l’arte offrendosi come occasione di riflessione estetica e critica: il Vento, il Tempo, la Colonna, la Porta, la Sedia, la Terra, il Silenzio ritornano costantemente come parole chiave, a ritmare i titoli delle sue opere. L’artista si misura con la visione delle cose da un punto di vista filosofico, oltre che fisico. Alla radice delle sue opere, in fondo, si trovano anche la calma presenza del paesaggio e la liricità della natura: quello di Nagatani è un invito, per chi voglia accoglierlo, ad andare oltre il visibile, oltre il silenzio, per ritrovare se stesso nell’armonia dell’intero universo.
Non si può allora non ricordare l’imponente e suggestiva “Porta della memoria” (2009) presso la Chiesa in Valmalenco, Sondrio, della quale proponiamo di seguito anche alcuni storici scatti.

Nel 2020 ha preso parte alla collettiva “Welcome to Sculpture Studio” presso l’ Hakone Open Air Museum con l’opera “Astrolabium no.1 – Space -Temporal Vibrations” (in foto) attraverso il quale lo scultore ha illustrato il processo realizzativo della fusione del bronzo, tecnica fondamentale alla base di ogni sua opera.
Dal 31 ottobre al 8 novembre 2020, Kyoji Nagatani è tra i protagonisti, presso il Museo Scalvini di Desio, della mostra “Si dice sull’acqua e unisce”, a cura di Cristiano Plicato (pittore e curatore della Donazione Museale Giuseppe Salvini).
«Il momento della colata rappresenta un passaggio che mi piace definire divino. È quando la materia diviene incandescente che avviene una trasformazione capace di andare oltre la materia stessa, ciò si compie ad un livello differente, potrei dire spirituale».

