Federico Infante | Focus

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PITTURA COME APPARIZIONE

Sono apparizioni, le creazioni di INFANTE: momenti visivi inattesi, quasi fulminei, eppure destinati a rimanere senza dissiparsi.
 
La visione di ogni opera è come un incontro fantasmatico, capace di assuefare tutti i nostri sensi e di lusingarci e disorientarci insieme. D’un tratto, la vista si offusca, il respiro rallenta, si attenuano i rumori tutt’intorno. Restiamo – da spettatori – sospesi esattamente come sospese ci appaiono le figure che animano quelle tele.

I soggetti che incontriamo sembrano chiamarci a sé e al contempo allontanarsi da noi nel mistero dell’atmosfera fumosa che li avvolge. Un’atmosfera solitaria, dai tratti e colori fortemente onirici, dove non si incontrano altre creature. Nonostante questo, essi non appaiono mai davvero sperduti, poiché operano da fulcro visivo nello spazio e nel tempo della tela: non vagano nell’indeterminato e anzi sono perfettamente protagonisti e presenti. Meravigliano queste nuove opere per l’emergere potente di sempre più frequenti elementi geometrici, felicemente al servizio della visione da un lato – ordinando lo spazio metafisico, radicandovi i soggetti e dando coordinate al nostro sguardo – e alla spiritualità dall’altro, permettendo al nostro sentire di osservatori di spalancarsi e riversarsi nell’opera liberi da ulteriori suggestioni. Quelle tracciate sulla tela sono geometrie cariche di richiami simbolici e capaci di elevare la visione sul piano onirico senza appesantirla con eccessivi richiami alla razionalità.

Domina il cerchio, un simbolo che trasmette sicurezza e centralità e che si vuole rappresenti lo stato primordiale della materia, impalpabile e uniforme. È il simbolo della vita, dell’omogeneità, dell’assenza di divisione e distinzione, estremamente connesso alla sacralità, dove la circonferenza è essa stessa un luogosacro dove si concentrano le energie, materiali e spirituali. 

Per il pensiero psicologico moderno, il cerchio simboleggia il Sé e la totalità della psiche: per sua natura l’essere umano ha infatti bisogno di chiudere le forme, ricercare e conoscere i confini delle cose. La percezione che ha del mondo è di qualcosa che ha un inizio e una fine, una forma compiuta. Il cerchio è infine simbolo di quel Tempo Ciclico, infinito e universale, in cui sembrano vivere senza sosta queste figure imperturbabili.

Tutto in natura riprende la simbologia del cerchio: dall’atomo ai pianeti. È una forma celeste, appartenente ai pianeti, alla luna e agli astri.

lunari sono queste figure galleggianti, dietro cui sembrano aprirsi dei portali luminosi verso un nuova dimensione – o chissà forse solo verso una nuova consapevolezza di quel Sé cui si è appena accennato.

Sembrano appartenere ad un’altra dimensione anche i paesaggi, naturali e urbani, che ogni tanto affiorano sulla tela. Non si tratta mai di sfondi inerti ma sempre in consonanza con il soggetto, con il quale creano un’unità impalpabile.

Sono anch’essi apparizioni: lasciano tracce della loro presenza, impronte, ombre, che si fanno strada tra gli strati di pittura. Somigliano più ad impressioni retiniche che fanno persistere la visione, come se i fiori, le foglie, gli uccelli, i palazzi e l’orizzonte fossero immagini trattenute per qualche frazione di secondo ancora, anche se sono già svanite.

Il volo e il vento sembrano arrestati in un’istantanea e tuttavia non perdono la loro forza motrice, in opere che conservano una forte componente ariosa, esteticamente ed emotivamente. Lo spazio nelle tele di INFANTE, sebbene essenziale, non è spoglio di traiettorie possibili e libere associazioni, che lo spettatore è chiamato a fare servendosi della propria memoria ed immaginazione.

La dicotomia tra indeterminatezza delle ambientazioni e la precisa definizione della figura protagonista è una delle chiavi del fascino della pittura di questo artista, così nebulosa ma allo stesso tempo piena di tensione emotiva fortemente contemporanea. Ogni opera è un invito all’auto-introspezione, alla ricerca del proprio io interiore e spirituale, che la superficialità e la frenesia del quotidiano spesso appannano. E sorprende ogni volta ricordare che quella introspezione inconscia a cui è chiamato chi guarda è la stessa che nell’atto artistico e creativo dà origine ad ogni opera. 

PITTURA COME BISOGNO

«Da molti anni ho in testa una domanda che ci fece un professore d’arte in classe. Disse: “Perché dipingete?” “Perché avete scelto la pittura come mezzo espressivo?”. Non so se sono stato l’unico ad essere stato influenzato fino ad oggi da quella domanda, ma per una qualche ragione essa è diventata una parte intrinseca del mio lavoro.»

Il metodo di ricerca e di lavoro di INFANTE denotano come la pittura sia sempre stata, per lui, un mezzo per alleviare il bisogno profondissimo di espressione della propria interiorità. Un bisogno di espressione di quelle immagini che da sempre abitano la sua mente non come fantasmi del passato ma come potenti inspirazioni creative presenti.

«Ricordo che quando ero bambino trascorrevo ore – qualche volta la giornata intera – a disegnare. Il disegno era il mio mondo. Ricordo il senso di divertimento e l’assoluta soddisfazione quando il risultato appariva migliore delle aspettative, anche migliore dell’originale. Ricordo lunghe conversazioni interiori, con me stesso, sulle immagini e sulle figure che un giorno sarei stato capace di dipingere.»

Il bisogno di espressione di sé dell’artista, nello spettatore diviene specularmente bisogno di ritrovare se stesso in ogni opera: trovare volti conosciuti, ambientazioni familiari, attimi e ricordi personali chissà forse lasciati scivolare via e ora forse capaci di riaffiorare. Sono tutte opere profondamente personali ma al contempo ampiamente accessibili, per la profonda umanità e delicatezza che esse possiedono. Sono opere non chiuse bensì aperte al dialogo con lo spettatore, poiché nate in primis da un bisogno intimo dell’artista di dialogo tra sé e con la materia pittorica.

«Gli strati di colore, l’esercizio espressivo di graffiare e togliere la pittura, le possibilità di creare infinite combinazioni graduali, i numerosi ragionamenti per usare la luce e l’ombra ogni volta che la tua intuizione te lo suggerisce e l’atto, sempre unico, di cercare di bilanciare elementi figurativi e astratti sono diventati, nel corso degli anni, parte di un vocabolario costruito nel linguaggio della pittura creato al solo scopo di raccontare le storie che dovevo raccontare»

PITTURA COME GESTO

FEDERICO INFANTE ha maturato uno stile assolutamente riconoscibile, affidandosi nel proprio lavoro ad un personale processo d’intuizione creativa. Comincia tutto con un gesto espressionista, quello di ricoprire la tela con diversi strati di pittura, per poi grattarli via. E ripete questo procedimento diverse volte, non pianificando le immagini in anticipo ma rimanendo distaccato rispetto al risultato.

In questo modo egli è libero di lasciare emergere la propria parte più intima e inconscia. Uno strato di colore dopo l’altro, a generare una materia astratta, da cui possa poi prendere avvio un secondo processo, stavolta razionale: l’artista scava nella pittura per farne emergere ciò che è nascosto al di sotto.

E appena appaiono dei punti di riferimento nel colore, delle ombre conosciute, delle silhouette accennate, ecco che l’artista cileno le mette a fuoco, ritraendole con nitidezza.

BIOGRAFIA

FEDERICO INFANTE nasce nel 1982 a Santiago (Cile). Si è formato presso la Finis Terrae University a Santiago (Cile) e successivamente a New York, dove si è laureato nella primavera del 2013 con un MFA in illustrazione presso la School of Visual Arts. Il suo approdo negli Stati Uniti è stato possibile non solo per il suo spiccato talento, ma anche per i numerosi premi che negli anni gli sono stati riconosciuti e che gli hanno permesso di proseguire all’estero i propri studi; ha infatti ricevuto la sovvenzione Juan Downey (2004), la borsa di studio Conicyt (2009) e la borsa di studio della Fondazione Uanlande (2012).

Dopo le prime mostre personali e collettive di successo in Cile, è il 2014 a segnare il suo debutto ufficiale negli Stati Uniti, con la sua prima mostra personale a New York dal titolo “The Space Between” presso la prestigiosa Bertrand Delacroix Gallery, nel cuore di Chelsea (NYC). Si distingue subito nel mercato americano, diventando presto una firma riconoscibile nel panorama dell’Arte Contemporanea. Il suo successo negli Stati Uniti è rapido e già nel 2015 esordisce nel mercato dell’arte italiano con la galleria PUNTO SULL’ARTE. Nello stesso anno ha illustrato l’Edizione di “Lolita” di Vladimir Nabokov pubblicata da The Folio Society.

Partecipa da subito a Fiere di settore in Italia e nel 2016 realizza la sua prima personale italiana dal titolo “We can see the wind” presso la galleria PUNTO SULL’ARTE. La mostra è stata accolta con entusiasmo dalla critica e ha sancito l’inizio di un fortunato percorso di crescita insieme alla Galleria varesina. Negli anni ha realizzato mostre personali e collettive di successo negli Stati Uniti, in Cile e in Italia e ha partecipato a Fiere di settore.
Il suo lavoro fa parte di collezioni private negli Stati Uniti, Cile, Europa, Arabia Saudita, Sud America, Australia e Singapore. Vive a lavora a Richmond (Virginia – USA).