“Credo che l’arte sia uno dei pochi strumenti che gli esseri umani hanno per essere in grado di pensare, sentire e poter essere commossi, l’arte riesce a unire la mente con il cuore e l’umano. L’essere deve darsi la possibilità di sperimentare l’arte.”
– Ernesto Morales
Ernesto Morales nasce nel 1974 a Montevideo (Uruguay). Dopo un intenso periodo formativo trascorso a Buenos Aires, nel 1999 ottiene il titolo di Professore di Pittura e nel 2005 il Dottorato in Arti Visive presso l’Università di Belle Arti. Dal 1999 al 2006 insegna Pittura e Storia dell’Arte Latino-Americana presso l’Università di Buenos Aires, e svolge l’incarico di Direttore dell’Academia di Belle Arti.
È nel 2006 che decide di trasferirsi in Europa e, dopo un periodo iniziale a Parigi, stabilisce il suo studio in Italia, prima a Roma, e dal 2011 a Torino, dove oggi vive e lavora.
Il suo percorso artistico internazionale lo porta a realizzare mostre in Musei, Gallerie e Fiere d’arte in diversi Paesi, tra i quali Stati Uniti, Italia, Francia, Germania, Spagna, Ungheria, Cina, Singapore, Malesia, Tailandia, Argentina, Brasile, Messico e Uruguay.
Tra il 2009 e il 2012 rappresenta istituzionalmente i Governi dell’Italia, dell’Argentina e dell’Uruguay con una serie d’importanti esposizioni. Dal 2014 realizza periodicamente delle mostre negli Stati Uniti e nel Sudest asiatico. Nel 2014 tiene un ciclo di importanti mostre a Singapore, a Bangkok e a Kuala Lumpur, e nel 2015 una grande esposizione personale a New York nelle sale del Consolato Generale della Repubblica Argentina.
Alla sua arte sono dedicati diversi volumi monografici tra i quali: Il Tempo della Distanza (Genova, 2010), The invisible bridges (Singapore, 2014), Il giorno come la notte (Torino, 2015), Distance (Milano, 2016), Aurum (Milano, 2017) e Studies of clouds (Milano, 2018).

Nel 2019 l’artista argentino realizza la mostra HEAT. Create the environment you are willing to live in in occasione della 58ª Biennale di Venezia. Inoltre, nello stesso anno, in seguito alla mostra Mindscapes tenutasi presso il Consolato argentino di New York, il catalogo della serie Clouds, di cui vi lasciamo di seguito il formato digitale, è entrato a far parte della collezione del MET – Metropolitan Museum of Art di New York.
RICERCA ARTISTICA E PROCESSO PITTORICO
“La realtà non è trasparente: è opaca, è densa”
– Roberto Mastroianni, curatore e critico d’arte

Ernesto Morales crede nella pittura come a un lavoro quotidiano, a una lenta applicazione personale. La sua poetica non nasce dall’intuizione inerte ma dallo studio, dalla pratica e dalla continuità del gesto, senza accontentarsi mai del risultato ottenuto o cedere all’utilizzo di una formula riconoscibile.
Prima di iniziare un nuovo progetto, il pittore compie un’attenta fase di studio e ricerca, anche in campo filosofico e letterario, con l’obiettivo di comprendere il tema o il soggetto che intende rappresentare e approfondirli in ogni loro aspetto.
“Poi, quando inizio a dipingere, vivo completamente dentro la pittura, ne seguo i codici e i ritmi. La mia mente è connessa a quella dimensione manuale e alla ricerca del colore e della forma giusta.”
L’artista realizza da sé i colori che utilizzerà sulla tela: un rito non solo meditativo, ma anche uno strumento per includere la natura stessa nell’opera. “Per me è quasi come un processo alchemico”. Egli lavora con tecniche antiche, ponendo grande attenzione alla natura materica della pittura. Dopo molti anni e sperimentando per tecniche modernissime, fotografia, installazione, video-arte, Morales ha scelto di dedicarsi esclusivamente alla pittura ad olio.“ Penso che l’arte debba parlare del suo tempo e in un contesto di iper-tecnologia ho accettato la sfida di tornare all’origine delle cose, a una manualità che sta all’origine dell’arte e che si basa sulla consapevolezza rispetto ai materiali utilizzati.”

Nei suoi viaggi ricerca e colleziona minerali e pietre da cui ricaverà, una volta tornato nel proprio studio a Torino, i pigmenti per le proprie tele.
“Per me è importante poter rendere la natura presente nel mio lavoro, non solo rappresentata, ma anche viva, lì, perché io parlo proprio del processo di trasformazione delle cose, della mente, dell’anima, del corpo. Questo processo e questa coerenza per me sono molto importanti e anche per questo i colori che uso sono unici, non c’è un colore uguale all’altro, perché le pietre cambiano”. L’artista lascia che sia visibile la pennellata e che il colore coli sulla tela. Il dipinto non è solo rappresentazione di qualcosa di esterno, ma è rappresentazione dell’atto stesso del dipingere. “Nelle mie opere c’è una parte che realizzo con gran precisione nell’uso delle pennellate e una parte che lascia spazio allo scorrere naturale del colore. Lascio gocciolare la pittura, la faccio muovere in autonomia.”
Dal punto di vista tecnico, la pittura di Morales è una ricerca sul colore e sulla luce, sul percepibile e l’immaginabile. L’artista usa un’apparente linearità e una surreale monocromia cromatica come espedienti per rendere visibile la densità materiale e metaforica della realtà, i pieni e i vuoti di senso. Egli indaga i temi dell’impermanenza, della memoria, dello scorrere del tempo e per farlo si appropria di elementi quotidiani – la natura, il cielo, la città – come fonte di simboli metafisici e archetipici e non come semplice ispirazione realista per la figurazione.
Nell’avvicinare le sue opere uno sguardo contemplativo è imprescindibile, così come la contemplazione del gesto pittorico è insito nell’operato dell’artista.
DI NUVOLE, DI FORESTE E DI CITTÀ
“Quando ero all’Accademia di Belle Arti, cercando di mettere in pratica alcuni concetti filosofici che stavo studiando, cominciai a frequentare un monastero Zen situato sulle montagne di Cordoba, verso il nord dell’Argentina. Un giorno, l’abate di questo monastero, mentre osservava alcuni dipinti che stavo realizzando e che rappresentavano il movimento delle montagne che erano intorno, mi disse: Ernesto, guarda intorno e guarda in alto, vedrai che la realtà è mutevole come le nuvole. Quel concetto mi colpì talmente che cominciai a studiare il paesaggio, interiore ed esteriore, per cercare un dialogo con quel carattere mutevole che hanno tutte le cose e per poter costruire un’immagine che andasse verso la loro essenza. Iniziai così ad interessarmi alla rappresentazione della luce e di ciò che è etereo. Negli anni diventerà un concetto cardine di tutto il mio lavoro: la luce che è quell’ignoto che è tutto.”
– Ernesto Morales
Paesaggio interiore e paesaggio esteriore: una formula compiuta ed efficace per giungere al cuore della poetica del pittore argentino. I suoi paesaggi non sono vedute panoramiche, non sono landscapes, ma piuttosto mindscapes, paesaggi della mente e della psiche, popolati da orizzonti metafisici, per la riflessione prim’ancora che per lo sguardo.
“Questo è il mio paesaggio [ndr. del suo paese d’origine, l’Argentina], ci sono cresciuto, è un paesaggio definito da un orizzonte piatto, una semplice linea orizzontale; più vai verso l’interno e più questa linea si allontana, vuoi raggiungere qualcosa che è irraggiungibile. Ti senti sempre in viaggio ma senti che non raggiungerai mai la tua destinazione. Non mi interessa rappresentare quel paesaggio direttamente, ma esso vive dentro di me, forse evocato – forse inconsciamente – con una linea orizzontale in basso che utilizzo nei miei quadri per rendere sconfinato lo spazio della tela. Se lo desideri, è un modo per avvicinarti all’idea di infinito.”
Vi sono tre grandi gruppi di soggetti che accompagnano la ricerca dell’artista argentino: le vedute di paesaggi urbani, i cieli e i boschi.
“I primi mi interessano in quanto luoghi naturali che sono stati modificati intenzionalmente dall’uomo; sono una metafora che mi serve per indagare sulla memoria, sui luoghi vissuti e su quelli immaginari, sulle tracce che lasciamo nel nostro viaggio e su ciò che un luogo lascia dentro di noi. Poi i cieli, siano nuvole o costellazioni, mi consentono di approfondire concetti come l’impermanenza, la metamorfosi, il carattere mutevole di ogni cosa, dalla nostra mente al mondo materiale. Per ultimo, i boschi. Rappresentano il nostro mondo interiore, il mistero dell’irrazionale, dell’inconscio, un cercare oltre la luce.”
A Ernesto Morales interessa costruire ambiguità, polivalenza e stratificazioni: dietro l’apparente convenzionalità di un cielo con nuvole o di una costellazione luminosa si nasconde uno spazio complesso, metaforicamente stratificato, come è quello della dimensione mentale.
Nelle proprie opere l’artista argentino raffigura nubi, foreste, città, e implicitamente rappresenta anche l’uomo, senza mai raffigurarlo direttamente. Egli è una presenza implicita, che filtra come fa la luce tra gli alberi sottili; che traspare tra le ombre degli edifici silenziosi; che emerge di riflesso quando si contempla il cielo o ci si immerge in una nuvola. L’individuo è sempre lì, se ne avverte il respiro. “La distinzione tra uomo e natura è del tutto sbagliata, perché cosmo e uomo sono la stessa cosa.”
CLOUDS
“La nuvola diventa un fiume, un mare, un oceano e forse torna a essere una nuvola dall’altra parte del mondo. Mi interessa quella nuvola che è sempre diversa ma è sempre la stessa, che attraversa il tempo. La nuvola diventa simbolo di tutto ciò che si rigenera, si trasforma, la nuvola ci mostra che tutto è interconnesso.”
– Ernesto Morales

Ernesto Morales ha composto dei veri e propri studi sulle nuvole, durante i suoi numerosi viaggi – a New York, Istanbul, Kuala Lumpur, Vienna, Roma, Firenze – con l’obiettivo di comporre una sorta di mappa del cielo, o del mondo. Le sue prime riflessioni iniziano però già durante gli studi, e dal 2012 diventeranno dipinti.
«Dal 2001 ho iniziato a scattare centinaia di fotografie di nuvole, con l’intenzione di creare un Atlante delle Nuvole come metafora del mondo. Ho fotografato le nuvole ovunque mi trovassi e poi ho preso nota della data e del luogo dello scatto; oggi li riconsidero e li scelgo come modelli. Mi interessa l’idea che, nonostante il passare del tempo, una fotografia scattata dieci anni fa possa ancora dirmi che in quella data precisa e in quel preciso luogo c’era quella nuvola, con il proprio contesto storico e culturale specifico.»
Nella scelta della nuvola giusta, Morales procede per sensazioni, osservando a lungo, scegliendo nuvole che si muovono a ritmo lento. “Mi interessa che abbiano forme e contorni definiti. Percepisco la nuvola anche come un volume, un corpo, un carattere. È come se cercassi, nelle sue espressioni concrete, la nuvola ideale.”
Non c’è una nuvola in cielo uguale a un’altra, e lo stesso vale per le nuvole e i cieli del pittore argentino.

Le nuvole sono inafferrabili, non hanno consistenza, non le si può prendere; in più, e lì risiede la loro forza, sono una grande metafora del nostro pensiero, che muta, si trasforma e ci sorprende. Nelle nuvole possiamo distaccarcene e osservarlo, vedere come esso scorre, come è mutevole e cambia costantemente. Poter rappresentare un pensiero in un’immagine fissa come un dipinto, permette di fissare ciò che è inafferrabile e permette a ciò che è etereo di diventare corpo.
Morales non cerca di dirigere i pensieri degli spettatori ma cerca di offrire loro uno stimolo per aprire la mente. Nelle nuvole l’uomo può facilmente cadere, ritrovarsi, contemplare le proprie proiezioni e i propri fantasmi. Sono un elemento catalizzatore dello sguardo e della riflessione. E dopo un po’ che le si contempla, le nuvole di Morales iniziano a fissarti, e a parlarti.

“Sono Nuvole del cielo, divinità potenti per chi non ha voglia di fare niente: sono loro che ci rendono capaci di pensare, di parlare, di riflettere, e di incantare e raggirare.”
– Aristofane, Le Nuvole, vv. 316-320, 331
FORESTS

Alle nuvole si accompagnano opere che trattano il secondo dei temi più cari al pittore argentino: quello della foresta e del bosco. Sono questi dei luoghi simbolici seducenti, al contempo fertili di vita e di pericoli, punto di partenza per elevarsi dal mondo oppure per perdersi (così era in Platone l’ὕλη (hyle), «legno di bosco», la materia, e così anche la selva dantesca). Uno spazio che, come le nuvole, è intriso di pieni e di vuoti, di luce e di buio.

La foresta attrae e al contempo inquieta, conforta e minaccia, offre scorci di intimo raccoglimento e disorienta con l’idea della sua sterminata estensione. In essa la psicoanalisi individua la sede del pensiero inconscio, precluso alla luce solare, costellato di allegorie e simboli archetipici. Ecco allora che Morales offre anche questo spazio nella natura, più vicino all’uomo di quanto non lo sia il cielo, alla riflessione e al pensiero. Più che luoghi visitabili o visitati, questi sono ancora una volta luoghi dove addentrarsi con lo sguardo e il pensiero. La matericità della pittura è sempre lì, a segnalare dove finisce la tela e comincia lo sforzo contemplativo che ci è richiesto.
PLACES

I paesaggi urbani della serie PLACES sono luoghi nebulosi e dai contorni minimi, come sanno esserlo i ricordi. Sono certamente spazi umani lontani dalla natura, ma per questo non meno archetipici e autentici. Ombre rosse e azzurre ne fanno un luogo onirico.
Non sono cartoline: non è il dettaglio architettonico che conta, ma il loro tremolio continuo, il brulicare di vita e fantasmi. Così svuotati dai passanti, sono pronti a popolarsi nella mente dello spettatore, libero di riconoscere nella nebbia silhouette di posti o persone, e di passeggiarvi con il pensiero.

Anche quando il titolo ci svela cosa stiamo guardando, in ogni tela potremmo vederci dentro scorci di una qualsiasi città, congelata in un tempo indefinito e sospeso.
Sono come bagliori di civiltà e umanità, luoghi della memoria collettiva, spazi fisici depositari del senso dell’uomo.
I luoghi urbani che Morales dipinge sono luoghi che egli si porta dentro, certo, ma ad ognuno di noi egli non richiede di localizzarli: a chi guarda queste tele è semmai domandato lo sforzo di ritrovare i propri paesaggi interiori.

LIBRI D’ARTISTA
ARBOLECER
A gennaio 2020, facendo seguito alla propria personale Mindscapes presso il Consolato Argentino di New York, Ernesto Morales presenta Arbolecer, un libro d’artista in edizione limitata pubblicata con Valk Gallery. Il volume è composto da 15 opere inedite, appositamente ideate e dipinte per il libro, ivi accostate per creare un’unità concettuale.
“Arbolecer” è un verbo spagnolo, di origine antica. Deriva dal latino “arborescĕre”, da cui la forma più recente “arborecer”: esso indica il “divenire” di un albero, non solo nel senso transitivo del “coltivare, piantare o mettere a dimora una pianta”, ma anche in quello più soggettivo del “crescere, farsi albero, svilupparsi nel tempo”. Ecco che lo scopo dell’opera non è descrittiva ma riflessiva e rigenerativa, sia per l’artista che per il lettore. Allo stesso modo è infatti facile riconoscere la presenza del verbo “Lecer”, “leggere”, il compito primario di chi si approccia al volume, che tuttavia non è pura fruizione ma semmai indagine attiva di sé stessi nella natura.



Trentatré Haiku
È dell’ottobre 2020 la pubblicazione del secondo libro d’artista del pittore argentino: Trentatré Haiku (Ed. Lindau), un volume che unisce l’arte della poesia haiku di uno dei massimi maestri giapponesi, Matsuo Bashō, al linguaggio pittorico contemporaneo di Morales.
L’haiku, una specialissima forma di poesia “rarefatta”, formata da tre versi per diciassette sillabe totali, affonda le proprie origini nella filosofia zen: la contemplazione della natura genera lampi di consapevolezza che si esprimono attraverso l’evocazione di pochi tratti essenziali.
Morales ha scelto dunque trentatré componimenti (trad. italiana a cura di Yuko Fujimoto) e per ciascuno di essi ha creato dei delicati acquerelli in tecnica sumi-e, la pittura a inchiostro, componendo un libro denso ma raffinato.
Tra la poesia di Bashō e il pennello di Morales si è così creato un dialogo colmo di sottili risonanze, senza un intento puramente illustrativo.
“Fin dall’inizio del concepimento di Trentatré haiku, mi sono chiesto come fare miei attraverso la pittura dei componimenti poetici scritti secoli fa; come cercare un dialogo con essi che fosse autentico, e che non partisse da una descrizione o da un’interpretazione didascalica dei versi, né da un’illustrazione nel senso classico del termine, né dall’imitazione di una tecnica pittorica giapponese che non facesse parte della mia ricerca. A partire dalla selezione delle poesie fino alla realizzazione delle immagini, ho tentato di fare spazio nei miei sensi affinché si potesse manifestare una mia personale visione nata dal mio approccio alla pittura. Ed è stato un percorso graduale, un fiorire lento ma costante, tra un’erba d’estate e una luna d’inverno, tra un bosco autunnale e una montagna primaverile. È stata un’ininterrotta e intensa contemplazione dell’alba e del tramonto, e dall’alba al tramonto.”
– Ernesto Morales


L’Aleph, visioni parallele
Tra le più recenti collaborazioni di Ernesto Morales va segnalata l’illustrazione del celebre testo L’Aleph di Jorge Luis Borges, con un ciclo di 33 tavole pittoriche raccolte in un volume da poco edito per la casa editrice napoletana Barometz. Si tratta di un’edizione limitata in 120 copie numerate con applicazioni in foglia d’oro e foglia di rame.


Per Borges – fervido indagatore dei temi della metafisica, della morte e delll’immortalità, dei labirinti e dell’infinito – l’Aleph è “il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli.” Anche Ernesto Morales ha intravisto l’Aleph e l’ha fatto pittura, lasciandolo trasparire anche agli occhi dei lettori. Il pittore argentino conobbe Borges da piccolo:
“Fu a Buenos Aires. Un maestro di scuola mi portò in uno dei salotti dove teneva letture per poche persone. Lo sentii parlare, leggere alcuni racconti. Non riuscii a capire la densità di quei testi ma la sua figura magnetica mi affascinò.” Perché proprio l’Aleph, dunque? “Quel testo racchiude la mia ricerca artistica. Nelle foreste, nei boschi, nella luce che emanano le nuvole che dipingo c’è l’Aleph, che in lingua ebraica è la prima lettera. Per me è l’Uno di cui parlava Plotino. È stato naturale chiedermi in che modo poterlo rappresentare.”


SOLIDARIETÀ
Uniti con l’arte
“Cerco di trasformare questa situazione critica in una bellezza nuova. Perché l’arte ci aiuta anche e soprattutto in momenti del genere”
– Ernesto Morales
Un quadro in cambio di una donazione agli ospedali di Città della Salute e della Scienza di Torino. È l’iniziativa lanciata nel 2020 dal pittore argentino per supportare concretamente con l’arte l’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha colpito duramente anche la sua città.
L’artista avrebbe dovuto esporre a Barcellona e Parigi, dopo essere rientrato a febbraio da una mostra a New York. Ma lo scoppio della pandemia ha rinviato tutto a data da destinarsi.
CURIOSITÀ
Arte in fabbrica

Dal 2019 Ernesto Morales sta lavorando a un ciclo pittorico di circa 240 metri quadri, per affrescare le pareti interne dello stabilimento di Spinetta Marengo (AL) dell’azienda Ecoplasteam.
Cosmogony. Una grande opera d’arte in fabbrica, di cui solo i 18 lavoratori potranno godere ogni giorno. Per la realizzazione Morales ha coinvolto 4 studentesse dell’Accademia, che hanno studiato per 5 mesi la sua tecnica pittorica per renderla al meglio su grandi superfici e realizzare quella che non è un semplice murales, ma un’opera pittorica tout court. Per approfondire il processo realizzativo, vi lasciamo il link ad un video timelapse.